martedì 3 novembre 2015

Anassimandro

Anassimandro (Mileto, 610 a.C. - 546 a.C. circa) fu amico e discepolo di Talete, da cui riprese il problema dell'arché, giungendo però a conclusioni differenti. Come sul suo maestro, le informazioni riguardanti la vita di Anassimandro sono incerte. Fu, probabilmente, governatore della città di Apollonia, dimostrando dunque interesse alla vita politica dell'epoca.

A differenza di Talete, di Anassimandro è stato ritrovato un frammento della sua opera, Sulla Natura, scritta in prosa, anche se non è esclusa la presenza di espressioni tipiche del linguaggio poetico. In essa vengono argomentate le tesi dell'autore circa la nascita dell'universo e la sua struttura, toccando, pertanto, il campo della cosmogonia e della cosmologia, pur non limitandosi esclusivamente a tali argomentazioni.

In merito alla natura, Anassimandro riprende da Talete il dilemma dell'arché che viene da lui individuato in un principio infinito ed illimitato: l'àpeiron. Il naturalista, in contrapposizione con il suo maestro, nega la possibilità di trovare il principio di tutte le cose in uno dei quattro elementi fondamentali poichè questi risultano in netto contrasto tra di loro e presentano caratteristiche opposte alle proprietà dell'àpeiron: contrariamente a questo i quattro elementi sono finiti, limitati e determinati. Il principio universale, affinchè possa generare il tutto, non può possedere le proprietà di prima; deve, in altre parole, essere qualcosa di indefinito ed infinito da cui tutto nasce e perisce.

Anassimandro collocà l'àpeiron alla periferia di un universo sferico, ove al centro risiede la Terra, caratterizzata da forme cilindriche e perfettamente equidistante dalla periferia. Esso viene disegnato da Anassimandro come un principio indefinito, caratterizzato da una mescolanza indistinta composta da tutti gli elementi esistenti, i quali avranno forme, ordine e caratteristiche proprie soltanto quando saranno fuori dall'àpeiron. Da questo principio eterno si originano in primo luogo i contrari ovvero gli elementi finiti dotati di qualità proprie di cui è composta la realtà (all'elemento fuoco corrisponde la qualità del caldo, all'acqua il freddo, e così via). L'àpeiron in questa visione è manchevole di caratteristiche sue giacchè da esso tutte si originano; è dunque una fonte inesauribile da cui tutto trae fondamento. 

In questa visione, il filosofo introduce dunque alla cosiddetta lotta dei contrari che viene combattuta da due forze opposte: il principio infinito (àpeiron) e gli elementi finiti (i contrari); quest'ultimi, nel loro esistere si annullano a vicenda, in eterno (il giorno annulla la notte che farà altrettanto col giorno dando vita ad un ciclo perpetuo). Questo tema interesserà molto i successivi filosofi, pur essendo già stato accennato in precedenza da Omero ed Esiodo. L'opposizione tra i contrari è di fondamentale importanza per capire il pensiero di Anassimandro, testimoniato da un frammento riportato da Simplicio (filosofo del VI secolo d.C.) che cita "Da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità: poichè essi pagano l'uno l'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo". Per quanto corto, questo frammento ha molto da dirci: al suo interno viene trattato il problema del nascere e perire delle cose e, conseguentemente, il loro distacco e successivo ritorno nell'àpeiron; in quest'ultimo, poichè principio infinito, non ha senso parlare di nascita e morte giacchè sono concetti relativi ad un ordinamento temporale che avviene solo ed escusivamente quando le cose ne escono fuori. In quest'ottica il tempo esiste soltanto fuori dall'àpeiron ed è tipico della natura; esso assume dei ruoli fondamentali tra cui: ordinare gli eventi, regolare il divenire degli elementi e assicurare l'equilibrio globale. 

In questo contesto Anassimandro fa riferimento alla lotta dei contrari per spiegare il divenire del mondo. Secondo lui, gli elementi allontanandosi dal principio infinito (sia in termini di dimensioni che di tempo) rompono l'armonia propria dell'infinito, generando il contrasto; essi, tuttavia, sono destinati a pagare la loro condanna (maturata non appena escono dall'àpeiron) con l'annullarsi reciprocamente, grazie a cui verranno nuovamente assorbiti nel tutto indefinito. In questo ciclo perpetuo di ingiustizia ed espiazione si procura l'equilibrio cosmico su cui fonda la natura, secondo una legge infinita e necessaria.

All'infuori della filosofia si dice che Anassimandro scoprì l'inclinazione dello Zodiaco, inventò l'orologio solare, disegnò i confini della Terra ed una prima mappa del cielo che venne poi ripresa da Ecateo tra il VI e V secolo a.C.

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