venerdì 22 luglio 2016

Ripasso: Socrate

Attraverso le risposte relative ad alcune domande estrapolate da Il pensiero plurale (Loescher - E. Ruffaldi, P. Carelli, U. Nicola) in merito al capitolo riguardante Socrate, andremo a ripassare insieme i tratti salienti e distintivi del noto filosofo greco.   

Naturalmente, per una conoscenza più approfondita dell'argomento si rimanda ai manuali specifici, dei quali consiglio distintamente il sopracitato, ottimo per chiarezza e sinteticità, senza per questo perdere in completezza.


1. In che cosa consiste il «problema Socrate»?

Il principale problema legato alla figura di Socrate consiste nell'appurare la sua effettiva filosofia poiché, come è risaputo, egli non lasciò alcunché di scritto dal quale poter interpretare il suo pensiero. Che cosa, dunque, ha veramente detto costui? 

In che misura Socrate condivide la cultura dei sofisti e per quali aspetti se ne distacca in modo decisivo?

La verità assoluta non è accessibile all'uomo: questa affermazione è valida tanto per i sofisti quanto per l'ateniese Socrate. Ulteriori punti in comune fra Socrate e la sofistica sono l'interesse per l'uomo, diversamente dalle precedenti filosofie, che avevano indagato più sulla natura che sull'essere da cui essa viene conosciuta. 

Per il resto, Socrate fu fermamente contro i seguenti aspetti, tipici dei sofisti:
  • altezzosità circa la conoscenza;
  • il dialogo come mezzo di persuasione, ridotto a mero strumento dialettico e retorico per ottenere il consenso popolare;
  • scetticismo e relativismo.

2. In che cosa consiste la «sapienza» di Socrate? 

Socrate non ha certezze riguardo a nulla. Egli può contare soltanto sulla conoscenza della sua ignoranza («so di non sapere»), scoperta leggendo l'incisione riportata sul tempio di Apollo a Delfi: «conosci te stesso».

Il sapere di non sapere permette di mettere da parte qualsiasi presunzione, dotando l'uomo del fascino per l'ignoto, della voglia di ricercare ciò di cui è manchevole, vale a dire la sapienza, senza tuttavia mai raggiungerla del tutto.  

Socrate, dunque, diversamente dai sofisti, non ha niente da imparare. Ciononostante, aprendosi al dialogo collettivo portato avanti dal logos, egli tenta di pervenire ad una risposta che sia quanto più possibile rispondente al vero - sebbene non possa mai identificarsi in toto con esso - attraverso una ricerca. 

Quale ruolo svolge l'ironia nella ricerca della verità? Qual è invece il ruolo della maieutica?

La ricerca socratica affonda le sue radici nel dialogo. Esso fa uso, in primo luogo, dell'ironia: Socrate finge di condividere il punto di vista dell'interlocutore per condurlo progressivamente innanzi all'infondatezza delle sue convinzioni; successivamente, nella seconda fase del dialogo, Socrate adopera la maieutica, ossia, ragionando insieme all'interlocutore, lo porta a partorire autonomamente l'idea che è già dentro di lui, facendo leva sulla ragione che è in ogni uomo e che, pertanto, porterà alla conoscenza di verità assolute ed universali.  


3. A che cosa mira la domanda socratica «che cos'è?»

Il ti esti socratico vuole portare l'interlocutore a desumere una verità universale partendo da un esempio particolare. Questo procedimento, in seguito, verrà battezzato da Aristotele con il nome di procedimento induttivo. Secondo lo stagirita, inoltre, Socrate fu lo scopritore del concetto, ossia il significato che esprime e definisce la natura di un ente.

4. Che cosa intende Socrate quando afferma che bisogna prendersi cura dell'anima?

Secondo Socrate l'anima è la sede della ragione e della coscienza. Poiché la ragione è ciò che rende un uomo tale, occorre sottoporre ogni azione al vaglio critico di questa. Bisogna, dunque, utilizzare sapientemente i beni esteriori e vivere con morigeratezza le passioni sensibili; in generale, è necessario imporsi un autodominio condotto sotto i dettami della ragione dimodoché si possa essere virtuosi, cioé ci si sappia comportare integerrimamente in ogni circostanza.

5. Perché secondo Socrate è la virtù che conduce alla felicità?

Poiché l'uomo è felice quando è virtuoso, vale a dire quando vive secondo la ragione e dunque mette in discussione la tradizione e le mode, dialoga con se stesso e con gli altri e sa distinguere il bene dal male in ogni momento. 

6. In che senso, secondo Socrate, la virtù non è finalizzata a un compenso ultraterreno?

La virtù può essere realizzata nel mondo terreno in cui l'uomo vive quotidianamente. Essa è raggiungibile facendo uso della ragione. Appunto per questo non è da intendersi come un compenso che sarà conseguito dopo la morte: poiché la virtù è esperibile anche da vivi. 

7. Perché chi compie il male è considerato da Socrate «ignorante»?

Socrate crede nell'intelletualismo etico: gli uomini vogliono e possono volere soltanto il proprio bene. E' impensabile, dunque, che essi possano volere intenzionalmente il proprio male. Il male è soltanto l'ignoranza del vero, vale a dire del bene: chi lo commette, quindi, lo fa in modo inconsapevole, poiché non conosce il bene. 

8. Che significato ha il «demone» socratico?

Il demone socratico, come ci viene riferito da Platone nei suoi dialoghi, è una voce divina che Socrate avverte in se stesso e che lo dissuade dal compiere alcune azioni. Esso ha una funzione esclusivamente negativa: vale a dire distoglie dal compiere determinate azioni, senza consigliarne altre.

9. Di che cosa viene accusato Socrate?

Socrate viene condannato a morte poiché viene accusato di corrompere i giovani, di non riconoscere gli dèi della polis e di volerne introdurre di nuovi. Il processo si conclude nel 399 a.C. con la morte di Socrate, il quale accetterà serenamente di bere la cicuta, e con ciò passare a miglior vita, nonostante i suoi amici si fossero resi disponibili a farlo evadere per scampare la sentenza.

10. Perché rifiuta le alternative alla pena di morte?

Poiché egli si dice innocente, e ritiene di non aver commesso alcuna ingiustizia nei confronti della legislazione ateniese. Rifiuta, inoltre, l'esilio (una delle soluzioni alternative alla pena di morte) perché sa che pur essendo allontanato in un'altra città, egli continuerebbe ugualmente a compiere la sua missione di filosofo, in quanto essa non sottende alcuna illegalità, anzi, al contrario, è del tutto legittima, poiché ha il compito di svegliare la città dallo stato di torpore in cui si trova, mostrando ai cittadini il vero Bene.

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